Lo rivela la review pubblicata sull’Italian Journal of Dermatology and Venereology della SIDeMaST
“Alla luce dei dati in nostro possesso, l’esposizione al sole naturale o agli UV artificiali non comporterebbe rischi di maggiore suscettibilità alla malattia Covid-19; è, inoltre, verosimile che nel caso in cui il paziente sia stato recentemente contagiato, la risposta infiammatoria, responsabile degli effetti più lesivi della malattia possa essere molto meno esasperata”.
Così il Prof. Giuseppe Monfrecola (nella foto), esperto di fotodermatologia dell’Università Federico II, alla luce della review dal titolo “Ultraviolet radiation, vitamin D and Covid-19” pubblicata di recente sull’Italian Journal of Dermatology and Venereology, organo ufficiale della SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmissibili) e coordinata da Monfrecola con il supporto scientifico della Prof.ssa Gabriella Fabbrocini, consigliere SIDeMaST, con l’attiva collaborazione dei ricercatori Matteo Megna e Claudio Marasca.
“Fin dall’inizio della pandemia – afferma la prof. Ketty Peris, Presidente della SIDeMaST – la nostra Società Scientifica si è attivata per fornire indicazioni e chiarimenti, sia a pazienti dermatologici che a specialisti in Dermatologia, con una serie di documenti apparsi sul nostro sito www.sidemast.org o sull’Italian Journal of Dermatology and Venereology in accordo con associazioni di pazienti e Società scientifiche internazionali. Questa review aggiunge ulteriori informazioni sui trattamenti dermatologici in epoca Covid-19”.Partendo da un recente studio sperimentale multidisciplinare - condotto da ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), dell’Università statale di Milano, dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano (Int) e dell’Irccs Fondazione Don Gnocchi - secondo il quale i raggi UV inattiverebbero il Sars CoV-2, i ricercatori SIDeMaST sono andati oltre: l’obiettivo è stato infatti quello di stabilire se il corpo umano, esposto alle radiazioni solari durante la stagione estiva o a quelle artificiali per la cura di malattie dermatologiche possa rischiare maggiormente di poter contrarre la malattia o di farla aggravare.
“Nella review – spiega Monfrecola – sono state prese in considerazione una serie di malattie infettive virali sistemiche, non solo cutanee, e gli effetti dei raggi UV sul sistema immunitario che ad esse si contrappone. Abbiamo seguito le linee guida di una metodologia di indagine chiamata ‘Prisma’ e della proposta ‘Moose’ che danno indicazioni su come ‘leggere’ i dati grazie a dei parametri stabiliti; nel nostro articolo abbiamo preso in esame 101 studi della letteratura internazionale.
Lo rivela lo studio, pubblicato su Cardiovascular Research, condotto dai ricercatori dell'Irccs San Raffaele di Roma con l'Università di Roma La Sapienza e l'Università di Napoli Federico II
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